SWATCH
Pastel beach
Photo: © Paloma Cabeza
Sono in spiaggia da due ore, immobile sull’asciugamano, lo sguardo inchiodato alla passerella deserta: lei non arriva.
Isabel, mia sorella piccola, mi avrà chiesto di andare a fare il bagno con lei almeno duecento volte, poi è partita da sola, scocciata. Mi diverto con lei, ma oggi non posso proprio muovermi.
Ana vive in un’altra città e non risponde ai miei messaggi da giorni, per il resto della settimana l’ho sentita fredda, distante. Solo qualche emoticon ogni tanto.
Mi manca da morire. Sollevo il polso sinistro e annuso il suo profumo, incollato allo swatch multicolore che mi ha dato domenica scorsa.
È stata una sua idea: «scambiamoci gli orologi. Poi me lo ridai domenica prossima, ci sei vero?» Lo ha detto con quel sorriso che le accende gli occhi verdi, rendendoli stupendi.
Lì per lì sono rimasto ammutolito, non potevo crederci.
«Certo, è una bellissima idea. Ecco qui.» Le ho dato il mio swatch, bianco e nero. Poi, da lunedì, non ho fatto altro che annusarmi il polso, ogni pochi minuti.
Fa un caldo mortale, mi sposto sotto all’ombrellone verde. Sono sudato, nervoso. Non sopporto stare fermo in spiaggia, ho bisogno di essere attivo, fare surf, o beach volley. Ma non posso rischiare che non mi trovi. Guardo Isabel divertirsi con le sue amiche, mi distraggo per qualche minuto.
«Hola, Rui. Tutto bene?»
Il mio cuore perde un battito, alzo lo sguardo. Ha i capelli scuri mossi dal vento, un costume colorato che disegna le sue curve, la borsa da spiaggia colorata.
Calcia le ciabatte e si siede vicino: vengo investito dal suo profumo, lo stesso che mi ha accompagnato per tutta la settimana.
«Pensavo che non venissi più, ti aspettavo.»
«Scusa, abbiamo trovato un traffico terribile. Mio padre era nervosissimo, mia madre urlava come una matta. Non mi fanno tenere il telefono in macchina, e ho guardato fuori dal finestrino per due ore.» Si rabbuia, mentre saluto i suoi genitori che si stanno sistemando al loro ombrellone poco più in là, vicino ai miei.
I suoi litigano spesso, magari è per quello che non mi ha risposto. Vorrei solo assorbire la sua tristezza, farla stare bene.
«Non pensarci, ora sei qui, nella spiaggia più bella del Portogallo.» Esito, poi aggiungo: «con me.»
Sorrido, la sua mano è a due centimetri dalla mia, sull’asciugamano. Ma ho paura a toccarla, che mi dica di no, mi mandi via. Non ce la farei.
«Hai ragione. Ora mi sento bene.» Mi fissa, catturando il mio sguardo: c’è solo lei su questa spiaggia, nel mondo intero.
Le sue labbra sono vicine, socchiuse, con un rossetto leggero.
Non penso, mi spingo avanti. Le sfioro con le mie per un attimo, odore di fragola.
I suoi occhi si spalancano, sembra sorpresa. Non mi manda via, si avvicina e mi da un bacio leggero, come il mio.
«Andiamo a fare il bagno?» Si alza, mi tende la mano.
La afferro, sicuro. I nostri due orologi ora sono riuniti, e tutto va bene.