SNOWBIRDS

Pastel beach

Photo: Paloma Cabeza ©

«Ti avevo detto che saremmo state bene, Maria.»

Siamo sdraiate sui lettini a bordo piscina, sul tetto dell'hotel quattro stelle. Renata è rilassata, a suo agio nel costume intero dorato, gli occhiali da sole con la montatura spessa, immersa in una nuvola di profumo.

Rimango in un silenzio ostinato, come ho fatto per tutto il viaggio: non sopporto che mi forzino a fare quello che non desidero. Volevo solo stare a casa: occuparmi del giardino, cucinare per i miei nipoti.

«Meno male che ho insistito e ti ho comprato il biglietto. A Bologna adesso ci saranno cinque gradi. E nebbia.» Ride, come se le avessero raccontato una storia divertente.

Faccio finta di dormire, ma intanto osservo dietro alle lenti scure. Gli altri clienti sono famiglie colombiane con bambini piccoli e coppie anziane, americane, della nostra età. Accento chiuso, che trovo quasi insopportabile dopo una vita passata a insegnare inglese britannico.

«E poi a Cartagena si sta troppo bene. Io ho viaggiato dappertutto, ma qui mi trovo meglio. Sono tutti gentili: e soprattutto. Non. Ci. Sono. Italiani.»

Scandisce le ultime parole ad alta voce, vuole dimostrarmi che nessuno la capisce. Ogni tanto ha queste trovate che mi fanno sorridere. Parla in continuazione, ma è piacevole. Dopo la lunga malattia di Guido e tanto silenzio, sono stata fortunata ad averla conosciuta al corso di pittura: mi si è attaccata come un'adolescente.

«Ti vedo già diversa, sai? Non hai più quelle terribili ragnatele attorno agli occhi. E lo vedo dal tuo corpo, anche se fai la ritrosa. Ti stai rilassando, questa è la verità.»

In effetti ho sempre adorato stare sdraiata al sole. La luce e il calore sono diversi da Cervia, dove sono stata per una vita con Guido e i ragazzi, ma il posto comincia a piacermi. Sono solo troppo orgogliosa per dirglielo.

Due uomini sui settant’anni, di sicuro statunitensi, ci passano davanti e salutano con un sorriso, alzando i cocktails. «Questi sembrano carini. Hanno un nome per gli americani del nord che svernano a Cartagena, gli hotel sono pieni.»

Questa volta sorrido, mi metto a sedere sul lettino, tolgo gli occhiali da sole e le prendo la mano.

«L’ho letto su internet, Renata: li chiamano Snowbirds, cioè uccelli della neve. Sono migratori che arrivano in inverno e tornano a casa a primavera. Proprio come noi.» La fisso, voglio che le mie parole siano molto chiare.

«Senza di te sarei ancora chiusa in casa, da sola. Ti devo ringraziare, perché sei una grande amica. E sto benissimo.»

Mi scruta da sopra le lenti scure, uno sguardo sorpreso seguito da una risata forte, che fa voltare le persone attorno.

«Maria! Hai parlato! Grazie, Signore! Non ci speravo più.» Mi stringe la mano, sorride affettuosa. «Molto bene, vedrai che stasera ci divertiremo.»

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